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18 settembre 2020

Le regole del gioco (racconto breve)

 Capelli sempre in ordine,occhi vivaci, sempre in movimento proprio come il suo corpo sinuoso. Avevo una rabbia mista invidia per mio fratello. Tutti cadevano ai suoi piedi: gli amici, i compagni di scuola, perfino i nostri stessi genitori. Odiare una persona così? Sfido chiunque a farlo. Il futuro si spalancava ai suoi piedi perchè tutto gli era dovuto e ne era consapevole.  Giocavo spesso con lui, non tanto perchè era mio fratello, ma non aveva certo difficoltà a memorizzare le regole di ogni gioco che qualcuno gli proponeva. Aveva due anni più di me quando iniziò l'ultimo anno delle Medie. Puntava in alto con i sogni, e i sogni con lui. A volte si estraniava da tutto. Si metteva sdraiato a guardare il soffitto della stanza o il cielo terso di primavera. Voleva partecipare ai suoi stessi sogni, sicuro che li avrebbe raggiunti con ottimi risultati. Non si poteva non volergli bene. Il tempo con lui correva veloce perchè ti poteva parlare di ogni argomento. Era al corrente di tutto perchè leggeva di tutto:anche le etichette dei pelati per scoprire qualche nuova parola che puntualmente curiosava su Wikipedia. Molte ragazzine, naturalmente, gli morivano dietro. Non era molto fedele in amore. Peccava un pò di presunzione ma nascondeva il tutto con delle buone intenzioni che sciorinava come granelli di rosario alla bella di turno, promettendole la classica luna nel pozzo.                  Non ricordo bene il giorno. Credo fosse a fine estate, quando le vacanze andavano in ferie per far posto ai libri di scuola.                  Gli proposi un gioco a prima vista un pò strano. Avremmo dovuto sfidarci in una corsa a ostacoli lunga circa duecento metri. Al termine c'era un cancello piuttosto alto. Sulla sua sommità c'erano delle classiche lance di ferro battuto alte venti centimetri o poco più.                                    Sicuro della sua prestanza sportiva non vedeva l'ora di sfidarmi. La corsa,devo ammettere, fu dura per entrambi.  Il sudore e la fatica mi uscivano da tutte le parti. Decisi di non mollare.Rifiutai con tutto me stesso di perdere questa occasione. Arrivati al cancello avremmo dovuto scavalcarlo, entrando così nel grande cortile di casa nostra. La fatica, unita all'adrenalina, potenziarono ancora di più la voglia che avevamo di vincere a ogni costo. La medaglia d'argento sarebbe stata un disonore per entrambi. Sapevo molto bene dove volevo arrivare. Non potevo fare errori di sorta. Mio fratello, stremato dalla corsa, incominciò ad arrampicarsi come un gatto selvatico sul cancello rovente dal calore. Io ero a pochi passi da lui. Lo lasciai ansimare e mi parve di sentire anche qualche imprecazione... Cosa assai rara per lui. Arrivato in cima ,le poche forze lo abbandonarono di colpo.  Le orbite dei suoi occhi rotearono come biglie, le palpedre sembravano impazzite. Un urlo soffocato fece spalancare la bocca mentre una lancia del cancello si conficcava nel palato squarciandolo completamente. Flutti di sangue uscivano ininterrottamente sporcandogli la maglietta,le mani,le braccia. Il ferro grigio del cancello cambiò di colpo colore, diventando una gabbia di morte.                              Povero Giulio, fratellone mio caro. Chi poteva mai immaginare che in tutta la tua perfezione, avessi una piccola, ridicola,leggera imperfezione?      Mi ricordo (ma è un ricordo lontano) che i dottori la chiamavano cardiopatia congenita. E' stato l'unico traguardo di cui non sei stato il protagonista assoluto.                    Credimi: avevo praticamente eliminato dalla mente questo tuo difetto di fabbrica. Non farmene una colpa, ti prego.Non fartene una colpa se non hai potuto arrivare per primo.                        Entrambi lo sappiamo molto bene: vince solo chi resta in piedi.


                       12/09/2020 

                        M.C.





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