Si è autodefinita "Grandmother of performance art": il suo lavoro esplora relazioni tra l'artista e il pubblico, il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente.
A 14 anni, Marina si avvicina precocemente al mondo artistico chiedendo a suo padre dei colori,e quest'ultimo si presenta con un suo amico.Il conoscente arriva con una tela, che comincia a tagliuzzare e successivamente versa sù diversi oggetti.Al termine della composizione mette un fiammifero al centro della scena e lo accende, intitolando il suo lavoro "tramonto".
Specializzata in Body Art, nella sua carriera artistica ancora in corso, esprime attraverso il corpo e con gesti a volte estremi, vari aspetti della sessualità e femminilità,momenti di vita quotidiana e temi etici o sociali della realtà contemporanea.
La sua prima performance ( "Rhythm 10" del 1973) esegue il "gioco" nel quale colpi di coltello sono diretti tra le dita aperte della mano.Ha dieci coltelli e,ogni volta che si taglia, deve prenderne uno nuovo, registrando l'operazione. Terminati i coltelli, la Abramovic ascolta la registrazione e tenta di ripetere gli stessi movimenti cercando di replicare gli errori, mescolando passato e presente.
Nel 1997 vinse il Leone d'Oro alla XLVII Biennale di Venezia con la performance "Balkan Baroque" nel corso della quale lavava scheletri seduta su una pila di ossa animali, come atto di purificazione per la sanguinosa guerra dei Balcani.
Recentemente è uscita la sua autobiografia edita da Bompiani.
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